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La festa di Sant’Agata a Catania

La festa di sant’Agata è la più importante festa religiosa della città di Catania, che viene celebrata in onore della Santa patrona della città, sant’Agata. Si svolge tutti gli anni dal 3 al 5 febbraio, il 12 febbraio e il 17 agosto. La ricorrenza di febbraio è legata al martirio della santa catanese, mentre la data di agosto ricorda il ritorno a Catania delle sue spoglie, dopo che queste erano state trafugate e portate a Costantinopoli.

La giornata del 3 febbraio si apre con la processione per l’offerta della cera a cui sono presenti oltre che cittadini e turisti, le più alte cariche religiose ed istituzionali della città, concludendosi la sera in Piazza Duomo con un caratteristico e molto atteso spettacolo pirotecnico.

La vera festa religiosa ha però inizio la mattina del 4 febbraio che è il giorno più emozionante, perché segna il primo incontro della città con la santa Patrona. Già dalle prime ore dell’alba le strade della città si popolano di cittadini, i devoti che indossano il tradizionale sacco (un camice votivo di tela bianca lungo fino alla caviglia e stretto in vita da un cordoncino), un berretto di velluto nero, guanti bianchi e sventolano un fazzoletto anch’esso bianco stirato a fitte pieghe. Rappresenta l’abbigliamento notturno che i catanesi indossavano quando, nel lontano 1126, corsero incontro alle reliquie che Gisliberto e Goselmo riportarono da Costantinopoli. Ma l’originario camice da notte, nei secoli, si è arricchito anche del significato di veste penitenziale: secondo alcuni l’abito di tela bianca è la rivisitazione di una veste liturgica, il berretto nero ricorderebbe la cenere di cui si cospargevano il capo i penitenti e il cordoncino in vita rappresenterebbe il cilicio. Tre differenti chiavi, ognuna custodita da una persona diversa, sono necessarie per aprire il cancello di ferro che protegge le reliquie in cattedrale: una la custodisce il tesoriere, la seconda il cerimoniere, la terza il priore del capitolo della cattedrale. Quando la terza chiave toglie l’ultima mandata al cancello della cameretta in cui è custodito il Busto e il sacello viene aperto, il viso sorridente e sereno di sant’Agata si affaccia dalla cameretta nel crescente tripudio dei fedeli impazienti di rivederla. Luccicante di oro e di gemme preziose, il busto di sant’Agata viene issato sul fercolo d’argento rinascimentale, foderato di velluto rosso, il colore del sangue del martirio, ma anche il colore dei re.

Prima di lasciare la cattedrale per la tradizionale processione lungo le vie della città, Catania dà il benvenuto alla sua patrona con la solenne Messa dell’Aurora, celebrata da S.E. Mons. Arcivescovo. Tra i fragori degli spari a festa, il fercolo viene caricato del prezioso scrigno con le reliquie e portato in processione per la città.

Il giro, la processione del giorno 4, dura l’intera giornata. Il fercolo attraversa i luoghi del martirio e ripercorre le vicende della storia della santuzza, che si intrecciano con quella della città: il duomo, i luoghi del martirio, percorsi in fretta, senza soste, quasi a evitare alla santa il rinnovarsi del triste ricordo. Una sosta viene fatta anche alla marina da cui i catanesi, addolorati e inermi, videro partire le reliquie della santa per Costantinopoli. Poi una sosta alla colonna della peste, che ricorda il miracolo compiuto da sant’Agata nel 1743, quando la città fu risparmiata dall’epidemia. I cittadini guidano il fercolo tra la folla che si accalca lungo le strade e nelle piazze. In quattromila o cinquemila trainano la pesante macchina. Tutti rigorosamente indossano il sacco votivo e a piccoli passi, tra la folla, trascinano il fercolo che, vuoto, pesa 17 quintali, ma, appesantito di Scrigno, Busto e carico di cera, può pesare fino a 30 quintali. A ritmo cadenzato e agitando bianchi fazzoletti, gridano: cittadini, cittadini, semu tutti devoti tutticittadini, viva sant’Agata, un’osanna che significa anche: “sant’Agata è viva ” in mezzo alla folla. Il giro si conclude a notte fonda quando il fercolo ritorna in cattedrale.

Nella mattina del 5 febbraio, presso la basilica cattedrale ha luogo la messa del Pontificale presieduta dalle più alte cariche religiose e dal clero. Durante tutta la giornata il busto reliquiario di sant’Agata rimane esposto presso la Cattedrale e infine nel pomeriggio dopo la santa messa viene nuovamente affidato ai devoti per un’ultima processione lungo un percorso interno della città che lo vedrà concludersi nella tarda mattinata del giorno successivo 6 febbraio.

La festa di sant’Agata è inscindibile dalla tradizionale sfilata delle candelore, enormi ceri rivestiti con decorazioni artigianali, puttini in legno dorato, santi e scene del martirio, fiori e bandiere. Le candelore precedono il fercolo in processione, perché un tempo, quando mancava l’illuminazione elettrica, avevano la funzione di illuminare il passo ai partecipanti alla processione. Sono portate a spalla da un numero di portatori che, a seconda del peso del cero, può variare da 4 a 12 uomini.

Le candelore sfilano sempre nello stesso ordine. Ad aprire la processione è il piccolo cero di monsignor Ventimiglia. Il primo grande cero rappresenta gli abitanti del quartiere di San Giuseppe La Rena e fu realizzato all’ inizio dell’Ottocento. È seguito da quello dei giardinieri e dei fiorai, in stile gotico-veneziano. Il terzo in ordine di uscita è quello dei pescivendoli, in stile tardo-barocco con fregi santi e piccoli pesci. Il suo passo inconfondibile ha fatto guadagnare alla candelora il soprannome di bersagliera. Il cero che segue è quello dei fruttivendoli, che invece ha passo elegante ed è dunque chiamato la signorina. Quello dei macellai è una torre a quattro ordini. La candelora dei pastai è un semplice candeliere settecentesco senza scenografie. La candelora dei pizzicagnoli e dei bettolieri è in stile liberty, quella dei panettieri è la più pesante di tutte, ornata con grandi angeli, e per la sua cadenza è chiamata la mamma. Chiude la processione la candelora del circolo cittadino di sant’Agata che fu introdotta dal cardinale Dusmet.

Non potevano mancare, in periodo di festa, i dolci legati alla tradizione della santa catanese. Oltre alla famosa calia e simenza, presente in ogni festa a Catania, vengono realizzati per la ricorrenza alcuni dolciumi che hanno un riferimento a sant’Agata, come i Cassateddi di Sant’Aita e le Olivette. Si tratta di dolci caratteristici simbolici e attinenti alla vergine catanese. Le cassateddi, o Minni di Sant’Aita fanno riferimento alle mammelle che furono strappate alla santa durante i martiri a cui venne sottoposta, per obbligarla ad abiurare la sua fede. Le olivette, invece, si riferiscono alla leggenda che ella, inseguita dagli uomini di Quinziano e giunta ormai nei pressi del palazzo pretorio, si fosse fermata a riposare un istante. Nello stesso momento in cui si fermò, si dice per allacciarsi un calzare, un ulivo comparve dal nulla e la giovinetta potè ripararsi e anche cibarsi dei suoi frutti. Ancora oggi, per rinnovare il ricordo di quell’evento prodigioso, è consuetudine coltivare un albero di ulivo in un’aiuola vicino ai luoghi del martirio, e consumare durante i giorni di festa questi dolci tipici realizzati con la pasta reale.

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